Santo Padre FOZIO il Confessore, Patriarca di Costantinopoli.

 

    Il nostro Santo  Padre Fozio il Grande nacque nell’820 da una famiglia dell’alta nobiltà bizantina. Suo padre Sergio, era il fratello del Patriarca Taresio (+ 25 febbraio) ed il fratello di sua madre Irene aveva sposato la sorella dell’imperatrice Teodora. I suoi congiunti amavano i monaci e soffrirono il martirio durante la persecuzione iconoclasta, lasciando così ai loro figli in eredità un bene ben più prezioso della nobiltà e della fortuna: l’amore per la vera fede fino alla morte. Dotato da Dio di attitudini intellettuali eccezionali, il giovane Fozio ricevette una educazione delle  più raffinate in tutte le scienze sia profane che sacre. Egli trascorreva notti intere in studio, non lasciandosi scappare alcun campo della conoscenza di allora e acquistò così un sapere universale che fece di lui l’uomo più sapiente dei suoi tempi e la figura centrale del rinascimento intellettuale di Bisanzio dopo la tormenta iconoclasta. Egli divenne in seguito un rinomato professore di filosofia aristotelica e di teologia all’università imperiale fondata nel palazzo di Magnaura. Inviato in missione diplomatica presso il califfo di Baghdad, egli redasse a memoria, indirizzato a suo fratello, la sua Myrobiblios (Biblioteca): riassunto critico di circa 280 opere di tutte le nature, testimonianza della vastità della sua conoscenza. Questa missione essendo stata coronata da successo, gli fece ricevere al ritorno la carica di direttore della cancelleria imperiale (Pratasecretis), senza pertanto fargli abbandonare i suoi compiti professorali e i suoi amati studi.
Nell’857, lo zio dell’imperatore Michele III, Bardas, prese il potere politico con il titolo di Cesare. Per vendicarsi del Patriarca S. Ignazio (+ 23 ottobre), che aveva disapprovato i suoi costumi, lo costrinse a dimettersi dalla carica e fece eleggere contro la sua volontà, dal clero  unanime il pio e saggio Fozio. Preferendo piuttosto la morte a questo compito così pericoloso in un periodo tanto turbolento, costui resistette  quanto più potè alle ingiunzioni e alle minacce, ma alla fine in lacrime, cedette finalmente ed accettò di abbandonare la pace del suo studio e gli intrattenimenti filosofici con i suoi amici spirituali per essere ordinato Patriarca di Costantinopoli, il 25 dicembre 858, dopo aver scalato, in sei giorni, tutti gli scalini della gerarchia ecclesiastica. Inviando la sua professione di fede al Papa di Roma, egli scriveva: << E involontariamente che siamo stati elevati ed è come prigionieri che noi sediamo…>>. I partigiani estremisti di Ignazio cominciarono allora ad opporsi al nuovo Patriarca con ogni sorta di intrigo, protestando per la grande irregolarità della sua elevazione al seggio patriarcale, subita dallo stato laico al grado supremo della gerarchia. Fozio, quanto a lui, cercava di evitare tutte le dispute e cercava di fare ciò che era in suo potere per ristabilire l’unità e la pace nella Chiesa, legandola nel vincolo della carità. Egli si sforzò di liquidare i resti delle eresie manichee e iconoclaste, intraprese la restaurazione di una gran quantità di chiese, di monasteri e di istituti di beneficenza, che erano stati vittima del vandalismo iconoclasta, e mostrò un talento particolare per organizzare le missioni di evangelizzazione presso i popoli barbari. Malgrado i suoi sforzi per calmare i partigiani di Ignazio e deplorando molto le violente repressioni condotte contro di essi dal governatore, fu costretto a riunire un concilio nel 859 che confermò la deposizione di Ignazio e lo inviò in esilio prima a Mitilini e poi a Terebinde. Poiché le agitazioni non si erano sedate si riunì un altro concilio nel 861, nella Chiesa dei S. Apostoli in presenza dei legati del Papa, conosciuto sotto il nome di Concilio “primo secondo”, nel tentativo ufficiale di sanzionare la restaurazione dell’Ortodossia e di condannare definitivamente l’iconoclastia. Ma, oltre questo ruolo dogmatico il concilio riconobbe la validità della nomina di Fozio, con la piena adesione dei legati papali che, sebbene agissero contro gli ordini del Papa, pensavano così di far trionfare l’autorità romana.
L’arrogante e ambizioso Papa Nicola I (858-868), abbracciando la causa di Ignazio, aveva visto in questo affare l’occasione di affermare, per la prima volta in maniera così manifesta nella storia della Chiesa, la pretesa dei papi di Roma circa la giurisdizione << su tutta la terra e sulla Chiesa
universale >>. Dal primato d’onore e dal potere di arbitro in materia dogmatica, che gli era stato sempre riconosciuto dalle altre Chiese, in particolare durante le grandi eresie guidate dagli imperatori bizantini (arianesimo, monotelismo, iconoclastia….) si vide in effetti in questo periodo il Papato riprendere a suo conto la pretesa egemonica dell’impero franco, fallita con la morte di Carlo Magno e il trattato di Verdun (843). Sotto l’iniziativa di Papi dal carattere autoritario, il Papato cerca di imporre la sua supremazia sulla Chiesa universale, la quale supremazia, trasmessa ad esso dallo stesso Cristo, gli dava il diritto di immischiarsi negli affari interni delle altre Chiese e di imporre da per tutto gli usi della Chiesa Romana (celibato del clero, digiuno di sabato, utilizzo del pane azzimo per l’Eucarestia ecc…)
L’opposizione di Papa  Nicola I e la sua ingerenza negli affari della Chiesa bizantina, allorchè egli veniva sollecitato solo per sentenziare sull’iconoclastia, spinge S. Fozio a denunciare le innovazioni della Chiesa Romana. Egli così scriveva: << L’abolizione di piccole cose trasmesse dalla tradizione conduce al disprezzo completo dei dogmi >>. Questa reazione provocò il furore del Papa che scrisse allora a tutti i vescovi d’Oriente accusando Fozio di adulterio giacche aveva occupato il seggio del vivente suo titolare legittimo, e decretò di propria  iniziativa la deposizione del Patriarca di Costantinopoli, fatto fino allora mai successo. Egli decise inoltre che le decisioni del Concilio dell’861 erano invalidate, invocando il diritto dei Papi a giudicare i Concili.
E non si fermò qui. Nell’863, convocò a Roma un Concilio di vescovi occidentali che decise la deposizione di Fozio e scomunicò tutto il clero ordinato da lui. Alle obiezioni dell’imperatore Michele III, il Papa dichiarò, nel 865, di aver ricevuto da Cristo stesso la supremazia sulla Chiesa universale e di potere per questo motivo intervenire negli affari  interni delle altre Chiese. Poi in una serie di lettere, egli coprì Fozio di una lunga sfilza di ingiurie non meritevoli di alcuna risposta da parte di un vero discepolo del Salvatore.
Malgrado le opposizioni e le preoccupazioni, il Santo  Patriarca proseguì non meno la sua attività apostolica. D’accordo con l’imperatore organizzò allora delle missioni di evangelizzazione presso i popoli slavi. Per fare ciò fece appello al suo collega e amico, il sapiente Costantino, che noi veneriamo sotto il nome di S. Cirillo, ed a suo fratello Metodio, asceta del Monte Olimpo, per intraprendere una prima missione  presso il Kazar della Russia del Sud. Un po’ dopo, alla domanda del principe di Moravia, inviò i due fratelli per una grande missione che segnò l’inizio della conversione delle popolazioni slave dei Balcani.
Nello stesso tempo, il principe di Bulgaria Boris, che era venuto per essere battezzato da Fozio, con l’imperatore Michele come padrino, trascinando dietro di lui tutta la sua nazione verso il cristianesimo, se ne andò da Bisanzio, che aveva rifiutato di accordargli un Patriarca, per fare appello a Roma (866).
Afferrando al volo questa occasione che rispondeva così bene alle sue ambizioni, il Papa inviò subito dei missionari latini in Bulgaria, con l’ordine di diffondere le  innovazioni romane in questa giovane Chiesa evangelizzata dai Bizantini, in particolare l’aggiunta del “Filioque(1) nel Simbolo di Fede. Davanti al pericolo di queste innovazioni che attentavano al dogma dalla Santa Trinità stessa, S. Fozio stabilì che era venuto il tempo per  << i docili di divenire combattenti (Gioele 4,9) >> e che bisognava rompere il silenzio per passare alla risposta. Egli indirizzò una Lettera Enciclica a tutti i vescovi d’Oriente nella quale condannava energicamente gli errori latini, in particolare il “Filioque”. Poi convocò un grande Concilio a Costantinopoli, nell’867, che proclamava la dottrina ortodossa vittoriosa su tutte le eresie e scomunicò il Papa Nicola e i suoi missionari in Bulgaria. Uno scisma ufficiale separò così la due Chiese precursore della frattura definitiva del 1054.   
Frattanto, verso la fine dell’867, dopo l’assassinio di Michele III l’imperatore Basilio I ( 867-886 ) salì sul trono fondando la dinastia macedone. Egli fece subito deporre S. Fozio e lo fece imprigionare nel monastero della Protezione, e  ridiede a S. Ignazio la sua carica. A dispetto  degli interventi pacifici di S. Ignazio, i nemici di Fozio, cominciarono a condurre una persecuzione in piena regola contro tutto il  clero che egli aveva ordinato. Davanti a tali agitazioni, Basilio I  credette opportuno rimettere a Roma il giudizio tra i due pretendenti al seggio patriarcale. Il successore di Nicola I, Adriano II, approfittò di questo inaspettato guadagno offerto dall’imperatore e riunì un concilio (869) che condannò  di nuovo Fozio e dichiarò non valido il concilio a Costantinopoli. Questo folle concilio, chiamato dai latini << Ottavo Concilio Ecumenico >> riunì nell’869-870 dei vescovi poco numerosi che, per timore dell’imperatore e per vigliaccheria condannarono il Faro della Chiesa e fecero esiliare i suoi partigiani alle estremità dell’impero. Più di 200 vescovi furono allora deposti e molti preti furono ridotti allo stato laico. Trascinato come un malfattore avanti al sinodo e intimato a rispondere alle accuse avanzate contro di lui, il santo prelato rispose dopo un lungo silenzio: << Dio ascolta la voce di colui che tace. Poiché Gesù stesso conservando il silenzio non è sfuggito alla condanna >>. Poiché si insisteva egli rispose: << La mia giustificazione non è di  questo mondo >>. Degno imitatore della passione del molto dolce e paziente Gesù, il santo, benché ammalato, sopportò per ben tre anni tutte le pene di una rude carcerazione, la privazione di ogni compagnia e soprattutto dei suoi libri, senza una lamentela, senza mai accusare Ignazio, innocente tra tali crudeltà, non pensando altro che  ad incoraggiare per lettera i suoi amici sofferenti ed a pregare per l’imperatore e per i suoi persecutori.
Durante questo tempo, i vescovi avendo compreso che il loro vile opportunismo li aveva condotti a sottomettere la Chiesa bizantina al despotismo romano, persuasero l’imperatore ad invalidare le decisioni del concilio dell’870 ed a liberare Fozio. Il sovrano convocò allora il santo con grandi onori e lo nominò precettore dei suoi figli. Il primo gesto di Fozio fu allora quello di precipitarsi presso Ignazio, per riconciliarsi con lui. I due santi, vittime delle rivalità tra le parti che si erano servite dei loro nomi, si abbracciarono calorosamente, e Fozio diede tutta la sua  assistenza al vecchio patriarca malato, che visitava quotidianamente. Alla morte di S. Ignazio, il 23 ottobre 877, la Chiesa unanime rimpiazzò Fozio sul trono patriarcale. Poco tempo dopo fu lo stesso Fozio che introdusse la celebrazione della memoria di S. Ignazio. E  dunque a giusto titolo che la Chiesa riunisce i due Santi in un unico elogio nel Synodikon la domenica dell’Ortodossia: << Eterna memoria ai molto Santi molto ortodossi e molto illustri Ignazio e Fozio! >>.Un concilio riunì in seguito  a Costantinopoli 383 Padri
(879-880), sotto la presidenza di Fozio ed in presenza dei legati del Papa. Essi confermarono la riabilitazione del Patriarca, annullarono il concilio  dell’869 e ristabilirono la comunione tra le due Chiese, scomunicando tutte le innovazioni, in particolare l’aggiunta eretica del Filioque nel Simbolo di Fede. Il più grande desiderio del prelato era  esaudito: il ristabilirsi dell’unità e della pace nella Chiesa. Egli  riprese subito il compito di pacificazione, proponendo caritatevolmente ai suoi nemici la riconciliazione e prendendosi senza alcun rancore una cura paternale dei partigiani di Ignazio.
Quando Leone VI il saggio successe a suo padre sul trono, desideroso di vendicarsi di un amico di Fozio che aveva, egli credeva, denunciato a suo padre il complotto di lui, depose senza giudizio il santo Patriarca (886) e lo fece rinchiudere come un malfattore nel Monastero degli Armeni, dove il Santo rimase recluso per ben 5 anni, privato da ogni consolazione umana ma brillante come l’oro provato nella fornace delle prove. Fu allora che redasse senza l’aiuto di alcun libro la sua “Mistagogia del Santo Spirito”: rifiuto sistematico dell’eresia del Filioque, nella quale dimostrava che il Santo Spirito procedeva eternamente dalla Persone del Padre, Sorgente della Divinità, ed è inviato a noi dal Figlio, per renderci partecipe della Natura Divina. Lasciando questo trattato a guisa di Testamento alla S. Chiesa in vista dei combattimenti a venire, egli partì  a raggiungere il  Coro dei Santi Padri e dei Dottori, il 6 febbraio 891. I miracoli che abbondarono ben presto sulla sua tomba contribuirono essi stessi a convertire i suoi più grandi nemici. Umile, silenzioso e paziente nelle tribolazioni, questo confessore della Fede, ingiustamente tacciato di fanatismo dai suoi nemici, resta uno dei grandi luminari dell’Ortodossia ed uno dei testimoni più autentici dello spirito evangelico.(2)

1. Questa erronea dottrina sulla processione del Santo Spirito dal Padre e dal Figlio, e non solo dal Padre come insegna la Santa Scrittura, era stata formulata in un primo tempo da S. Agostino come una opinione personale e non aveva creato grande difficoltà finchè non era stata adottata prima dai teologi franchi desiderosi di distinguersi dottrinalmente dalla Chiesa greca, e successivamente dalla Chiesa romana stessa, al fine di utilizzarla come strumento dottrinale per l’ambizione dei Papi sulla Chiesa universale.

2.  Le ingiuste calunnie dirette contro di lui dai partigiani estremisti di S. Inizio, riprese senza serio esame dopo secoli dagli storici e apologisti occidentali, avevano fatto di S. Fozio il responsabile di tutte quelle divisioni che preparavano la grande frattura del 1054. Ma fortunatamente, le recenti ricerche degli storici cattolici hanno ristabilito la verità, in tutto pienamente conforme alla tradizione della Chiesa Ortodossa